18 aprile 2024
Aggiornato 02:00
Suicidio a Borgo D'Ale

Vercelli, suicida a 26 anni, aperto un fascicolo

La procura di Vercelli indaga nuovamente sul caso di Andrea Natali che si è tolto la vita impiccandosi a Borgo D'Ale. Era caduto in depressione per via dei maltrattamenti via web ricevuti dai colleghi

BORGO D'ALE - Per ora non ci sono indagati né ipotesi di reato, ma la Procura di Vercelli ha aperto un nuovo fascicolo sul suicidio di Andrea Natali, il 26enne di Borgo d'Ale caduto in depressione dopo essere stato vittima di cyber-bulli. L’indagine si aggiunge al fascicolo aperto da oltre un anno su casi di bullismo e affidato al sostituto procuratore Ezio Domenico Basso.

Solo scherzi tra ragazzi
«Non siamo bulli come ci hanno descritto - risponde Luca Giolitto, proprietario della Carrozzeria di Borgo d’Ale dove il ragazzo lavorava a «La Repubblica» - Andrea non si è tolto la vita per causa nostra. Era un ragazzo timido. Da due anni non lavorava più da noi, dopo che nel 2013 aveva avuto attacco di depressione. Per sei mesi si era messo in mutua. E in quel momento uno dei miei meccanici è stato chiamato dalla polizia postale per le foto pubblicate su Facebook. Foto normali che si fanno tra ragazzi. La polizia postale me le ha mostrate. In una era seduto su un bidone della pattumiera, l’altra si trovava in un carrello. Nessuna foto nuda. Solo scatti scherzosi che si fanno tra amici. Niente di più. L'ambiente qui è familiare, tipico di un'azienda artigianale di paese. Io ho sempre lavorato a stretto contatto con i meccanici. Nella mia carrozzeria c'è gente anche di 50-60 anni, responsabile». Per quelle foto era stato indagato un ex collega di lavoro del giovane per violazione della legge sulla privacy e violenza privata. "Il processo è stato a marzo - continua Giolitto - era stata chiesta l’archiviazione. Ma il gip si è opposto. Ora capiremo se e come muoverci contro queste accuse infondate».

I maltrattamenti in rete
Sulla pagina Facebook creata ad hoc dai colleghi bulli erano state pubblicate foto che lo ritraevano rinchiuso a forza dentro a un bidone, oppure con un sacchetto della spazzatura in testa. Su YouTube hanno messo dei video. Andrea, una passione per i motori e un carattere introverso, aveva trovato lavoro in una carrozzeria di Borgo d'Ale. Tutto è cominciato con piccoli scherzi innocenti, racconta al «Corriere della Sera» il padre Federico. Poi il dramma. «Ricordo bene il giorno in cui iniziò tutto: era il 22 ottobre del 2013, Andrea torna a casa sconvolto, non riesce a parlare ma solo a urlare. Da quel giorno non è più uscito di casa».

I genitori chiedono solo giustizia

Ora i genitori vogliono solo giustizia. «Sappiamo che nessuno potrà restituirci nostro figlio ma vogliamo capire cosa è veramente accaduto. Non vogliamo nessuno in galera, Andrea avrebbe anche perdonato chi lo aveva trattato in quel modo. Ora devono pagare con quello che hanno e i soldi andranno in beneficenza».