29 marzo 2024
Aggiornato 01:00
L'intervista

«Sicurezza? Biella resta quasi un paradiso»

Il questore Salvatore Perrone fa il punto: «Rave da controllare e non da reprimere, giardini non pericolosi e per giovani e anziani la parola d'ordine è prevenzione»

BIELLA - Salvatore Perrone è un poliziotto di lungo corso. Dal maggio scorso è il questore della città. Nella sua carriera professionale ha conosciuto e contrastato il banditismo durante la stagione dei sequestri, in Aspromonte, e diretto il reparto mobile (ex celere) a Torino. Incarichi prestigiosi e complessi. Il suo approccio con i problemi del Biellese è concreto, operativo. Il numero uno della questura non si nasconde né dietro alle statistiche né dietro ai confronti con altri territori, spesso un modo per eludere i problemi sotto il Mucrone. Parla del tema sicurezza con la stessa padronanza di un docente universitario e la praticità di chi ha lavorato in strada.

Da dove cominciamo?
«Da dove vuole».

Dal «rave party» della scorsa settimana, nell'ex casa del mobile di Giorgio Aiazzone?
«D’accordo».

Si poteva evitare?
«Diciamo che è complesso. Gli uomini della Digos e della Polizia postale sono impegnati, anche, a monitorare tutta una serie di notizie che viaggiano su Internet, legate a questi ambienti: cosa fanno, dove si ritrovano, che progetti hanno».

Però...
«Però non è facile intercettare queste comunicazioni, che avvengano tra gruppi molto ristretti di persone, che magari cambiano nel giro di poco tempo, da un evento all’altro».

Così ci si ritrova con 2000 persone in uno spazio abusivo, due giorni di fila...
«Il nostro intervento è stato immediato. A saperlo per tempo, certo, si sarebbero bloccate le vie d’accesso e nessuno sarebbe entrato. Questo glielo assicuro! Una volta che centinaia di giovani sono lì, intervenire, invece, è molto difficile Non impossibile, ci mancherebbe. Ma bisogna valutare costi e benefici. Fare delle scelte e assumersene le responsabilità».

Ci spiega?
«Parliamo di un’area immensa, completamente al buio. Al cui interno ci sono giovani e meno giovani eccitati da musica e, quasi certamente, da altro. Intervenire significa mettere nel conto cariche da parte nostra, reazioni da parte di molti partecipanti all’evento, quindi un considerevole numero di feriti e di contusi. Magari anche gravi. Lo spazio in questione è pieno di buche, pozzi e altri punti molto pericolosi. In una situazione di tensione o scontro un sito del genere può rappresentare fonte di problemi enormi».

Mi conceda la provocazione: quindi lo Stato sta a guardare?
«Lo Stato intanto evita il peggio. Poi controlla la situazione. Dopodiché procede ad una serie di accertamenti e quindi alle denunce».

Che tra prescrizioni e cavilli cui si possono appellare buoni avvocati, diventeranno cosa?
«Questo è un altro paio di maniche. E non compete a me rispondere».

Sporcizia, degrado e sicuri reati tra cui lo spaccio di droga non valgono un intervento di forza, magari tenendo conto della presenza di minorenni, giusto?
«Ricordo un intervento delle forze dell’ordine, nel Milanese, durante un 'rave party'. Ci furono feriti e arresti e soprattutto polemiche infinite. Succedesse a Biella, sono sicuro che giornalisti come lei sarebbero i primi a mettere le forze dell’ordine sotto accusa. Lo so che gruppi di giovani che vagano per la città, magari sporcando qua e là, non rappresentano uno spettacolo edificante, per nessuno. Ma certe alternative, sarebbero peggio. Glielo assicuro».

Mi passi un’altra provocazione: tutta qui la forza dello Stato?
«Ovviamente, no...».

Quindi?
«Nel prossimo tavolo sull’ordine e la sicurezza pubblica, in Prefettura, porremo la questione all'ordine del giorno. La soluzione è presto trovata: bloccare gli ingressi principali dell’area. Impedire l’accesso ai camion che portano le casse per le musica e per gli impianti elettrogeni. A quel punto, in quello spazio, di 'rave party' non ne organizzerà più nessuno».

E se vanno a Roasio, nell’ex deposito militare?
«Il gioco delle guardie e dei ladri, ricomincia».

Prima del «rave party» ha creato preoccupazione la presenza di cittadini pakistani nei giardini Zumaglini, nel cuore della città. Qual è la situazione, ora?
«Sono stati tutti foto-segnalati. Nel corso delle settimane il loro numero è cresciuto. L’area è costantemente controllata dalle forze dell’ordine del territorio: polizia, carabinieri e vigili urbani».

Problema risolto?
«Non mi pare un reato stazionare ai giardini pubblici. C’è poi un discorso legato all’immigrazione. Ma qui vengono chiamati in causa altri soggetti istituzionali. Le faccio io una domanda: ha senso creare una situazione di stranieri di seria A che dormono e vivono in strutture organizzare e stranieri di serie B che dormono all’aperto nei parchi?».

Esiste un problema sicurezza nell’area?
«Direi di no. Ma questo non vuol dire che la nostra presenza non sia adeguata e costante. Direi che esiste un problema sociale e, se proprio vogliamo, di convivenza con realtà diciamo così poco gradevoli».

Biella è ancora una città sicura?
«Biella è quasi un paradiso. Sottolineo sia il quasi sia il paradiso».

Ci spiega?
«I problemi esistono ma il contesto è di tutta tranquillità. Alcuni amici hanno dormito di recente in centro città. Hanno attraversato i giardini pubblici e la zona di via Italia, anche di notte. Ed erano stupiti dalla quiete a tutte le ore... Dell’ordine e della pulizia... Avrei voluto dare loro la rassegna stampa dei giornali locali».

Vuole dire che si tratta di esagerazioni dei media?
«No. Ma parliamo di episodi. Non di un territorio non sicuro o non controllato. E c’è una bella differenza».

Episodi come le anziane aggredite e derubate... Brutte storie. Queste persone, oggi, hanno paura ad uscire di casa.
«Bruttissime storie. Questi anziani hanno tutta la mia solidarietà e comprensione. E proprio pensando a loro dico che bisogna fare di più, in termini di sicurezza e di prevenzione. Perché comprendo le loro preoccupazioni e ansie. Una situazione inaccettabile per un uomo dello Stato, come me. Di fronte alle sofferenze di questi cittadini, le statistiche sulla sicurezza del nostro territorio, che danno numeri certi e inequivocabili, perdono di valore. Non posso infatti accettare che un cittadino non si senta libero e sicuro di uscire da casa propria per andare al bar o nel negozio di quartiere. La Polizia non lo può accettare».

E’ un problema di percezione o un problema reale?
«Un anziano aggredito è una persona impaurita. Magari ha una sensazione esagerata. Ma noi dobbiamo rispettarla. Mica possiamo dire: a Milano, a Roma e a Napoli, questi reati, con questi numeri complessivi, fanno sorridere. Abbiamo l’obbligo di intervenire sul piano investigativo e del controllo».

D’accordo. E quindi?
«Da alcune settimane abbiamo realizzato massicci controlli del territorio, con l’impiego di molti mezzi e molti uomini; sono arrivati in supporto agli agenti della questura di Biella, agenti di Torino. I riscontri non sempre hanno portato a molti o moltissimi reati contestati. Ma il segnale vuole essere chiaro. Noi ci siamo. Sia rispetto al popolo della notte sia rispetto ai malintenzionati in generale sia per i cittadini per bene».

Insomma, si possono dormire sonni tranquilli sotto il Mucrone?
«In linea di massima, certo. Ma non tenendo la porta aperta... Diciamo che non è prudente... Così come non lo è lasciare la borsa o il cellulare in auto, ed allontanarsi. I biellesi, spesso, difettano in prudenza».

Forse perché abituati a vivere in un’isola felice.
«Forse. Ma il mondo è cambiato, ovunque. Bisogna prenderne atto. Ripeto: il Biellese è un territorio tranquillo ma non dove non avvengono o possano avvenire reati. E vanno previsti e prevenuti, quando si può. In questo senso, presto, attiveremo un progetto in sinergia con le altre forze di polizia e le istituzioni pubbliche, per aiutare gli anziani che vivono soli. Un protocollo per contrastare il fenomeno delle truffe da finti rappresentanti di società elettriche o telefoniche».

Abbiamo iniziato a parlare del «rave party» di Verrone, frequentato per lo più da giovani. Proviamo a chiudere l’intervista con loro, magari spendendo due parole sulla recente operazione di controllo anti-droga in una scuola superiore.
«Sono proprio i presidi che ci chiedono più interventi e controlli. Nell'ultimo intervento è stato trovato un quantitativo di sostanze stupefacenti, mi pare, modesto. Noi comunque continueremo ad eseguire operazioni di questo tipo. Magari sapendo che diverse di queste azioni non porteranno a riscontri immediati o eclatanti. Ma vogliano che nessuno abbia il dubbio sulla nostra presenza e sul nostro lavoro».

Parola d'ordine: prevenzione...
«Certo. La polizia non può mica risolvere i problemi economici, sociali e culturali di un territorio o di un Paese. Può contrastare organizzazioni criminali, può intervenire in tempi celeri dopo un fatto ma certo non si può pensare di militarizzare una città: i giardini per gli stranieri, le scuole per la possibile presenza di micro-spaccio, le vie del centro per i locali notturni e via di questo passo. Sarebbe sbagliato e l’opinione pubblica non l’apprezzerebbe».