Biella: a Palazzo Oropa presentate le attività di lavoro e sport per i migranti
Integrazione attraverso il lavoro e lo sport. Questo il disegno dell'iniziativa che coinvolge il Comune e gli enti che si occupano dell'accoglienza dei richiedenti asilo
BIELLA – e' stato presentato ieri a Palazzo Oropa un progetto per consentire ai richiedenti asilo di lavorare come volontari nelle aree verdi e nelle scuole della città ed un altro per aprire le porte dello stadio La Marmora-Pozzo a coloro che hanno già uno status più consolidato e tentare la strada di un'integrazione più facile anche attraverso lo sport.
Gli enti coinvolti
L'iniziativa coinvolge tre assessorati, lo Sprar (il sistema di protezione di secondo livello per i richiedenti asilo), due realtà che si occupano dell'accoglienza per conto della Prefettura, Il Filo da Tessere e Pacefuturo e le associazioni Migr'Action e Sportivamente. Sono stati studiati due percorsi differenti con il fine comune di coinvolgere gli ospiti arrivati sul territorio nel tessuto sociale della città.
I lavori per gli spazi pubblici
Il lavoro volontario dei richiedenti asilo è già cominciato giovedì scorso, con una quindicina di migranti che hanno cominciato a ripulire viali e cunette dei giardini Zumaglini. Sono tutti ospiti delle strutture gestite da Il Filo da Tessere e operano sotto l'egida dell'associazione Migr'Action. «È il traguardo di un lungo percorso» spiega l'assessore ai servizi sociali Francesca Salivotti «cominciato quando erano ancora ospiti dell'ex scuola di via Coda a Chiavazza. È un progetto che si inserisce nel contesto del welfare generativo che abbiamo applicato in altri ambiti: chi ottiene un aiuto, ha così la possibilità di rendersi utile prestando un servizio alla collettività». I lavori che sono stati assegnati ai richiedenti asilo sono semplici e non comportano l'uso di strumenti pericolosi. «Ma in questo modo» spiega Alberto Torchio de Il Filo da Tessere «si avvicinano non solo al mondo del volontariato, che non è detto sia proprio delle loro culture di origine, ma anche alla possibilità di costruirsi un futuro nel mondo del lavoro una volta completato l'iter. Nella nostra esperienza biellese, i rifugiati restano in media otto mesi nel programma di seconda accoglienza dello Sprar e l'80% di loro diventa autosufficiente al termine del percorso». Al lavoro ai giardini Zumaglini si aggiungeranno gli interventi in altri parchi pubblici, compresa la ritinteggiatura delle panchine, e le opere di manutenzione delle scuole cittadine. «Torneremo, come promesso nei mesi in cui i rifugiati erano nella scuola di via Coda, anche a Chiavazza» afferma Valeria Varnero, assessore ai lavori pubblici, che ha preparato l'elenco degli interventi possibili. «Delle scuole si occuperanno, alla fine delle lezioni, i richiedenti asilo ospiti delle strutture gestite da Pacefuturo. In tutto si tratta di una trentina di migranti coinvolti». Un impegno che, come ha detto Roland Albert Djomeni, presidente dell'associazione Migr'Action, vuole essere alla luce del sole: «Immaginiamo il nostro impegno come la pietra che inizia la costruzione di qualcosa che vogliamo lasciare nella città che ci ha accolto».
Sport e integrazione
Il secondo progetto riguarda invece lo sport e coinvolge i migranti già inseriti nell'accoglienza di secondo livello dello Sprar, riservata a chi ha superato lo scoglio della domanda di ammissione alla protezione. A portarlo avanti l'associazione Sportivamente di Charlie Cremonte che, qualche tempo fa, ha proposto all'assessore Teresa Barresi di portare allo stadio alcuni rifugiati per fare attività fisica: «Abbiamo accettato subito» spiega l'assessore allo sport, «e non solo perché il nostro splendido stadio è aperto a tutti. Questo progetto vede nell'attività sportiva non solo uno strumento per passare un po' di tempo facendo qualcosa di salutare, ma anche una via per socializzare, non solo tra di loro ma anche con il resto degli sportivi cittadini». Lo conferma anche Adele Fioravera, che per conto del consorzio Iris si occupa di reinserimento sociale per gli ospiti dello Sprar: «Sono tanti, di differente estrazione, e vivono in appartamenti a volte lontani in città. Allo stadio hanno un momento per stare insieme, conoscersi meglio. E conoscere meglio la città che li ospita. E sarebbe bello se, in base alle inclinazioni di ognuno, qualcuno potesse entrare a far parte di una società sportiva cittadina». Roland Albert Djomeni spera di trovare anche qualche bravo calciatore: «Abbiamo in mente di organizzare una squadra di migranti per partecipare da settembre al prossimo campionato amatori».