19 aprile 2024
Aggiornato 09:30
Biella

"Furbetti del cartellino", il Comune difende i lavoratori pubblici: «No, a generalizzazioni»

Lettera aperta della giunta del sindaco Marco Cavicchioli sul caso che da una settimana sta facendo discutere tutta la città

BIELLA - Riceviamo e pubblichiamo, da parte della giunta del Comune di Biella: «E' passata ormai una settimana dalla firma da parte del giudice per le indagini preliminari dei provvedimenti cautelari a carico di alcuni dipendenti comunali, primo atto pubblico e formale di un’inchiesta che era partita alcuni mesi prima. Da quel giorno è successo quello che forse ci aspettavamo, ma con toni ben più violenti e spesso inaccettabili. L’opinione pubblica esige giustizia, conscia che i cattivi comportamenti di un’amministrazione civica sono un danno per l’intera comunità. Ma diversa è la sete quasi di vendetta che trasuda dai messaggi, soprattutto sui social network, di chi vuole punizioni, cacciate, provvedimenti immediati».

Sono solo le prime fasi
«Ricordiamo ai cittadini che l’indagine è ancora alle prime fasi. Per otto dipendenti, raggiunti da un provvedimento cautelare, è scattata la sospensione dal servizio, un atto previsto dalla legge. Ma né loro né tanto meno gli altri 25, sottoposti a indagine ma non destinatari di altri provvedimenti del giudice per le indagini preliminari, sono stati condannati con sentenza definitiva. E, soprattutto, la stragrande maggioranza dei dipendenti comunali, in questi mesi di inchiesta che, per quanto è a nostra conoscenza, ha scavato in profondità, ha tenuto comportamenti che evidentemente l’indagine ha giudicato irreprensibili».

Non generalizzare
«Per questo fare di tutta l’erba un fascio e accusare un’intera categoria, quella dei lavoratori pubblici, non solo è sbagliato ma è anche il contrario di quanto hanno rilevato gli inquirenti sul Comune di Biella, senza contare che nel prosieguo dell’inchiesta – e di questo siamo convinti – le posizioni di molti indagati potrebbero chiarirsi e cancellare qualsiasi ipotesi di reato. Purtroppo a contribuire alla caccia alle streghe e al desiderio di vendetta hanno contribuito anche i media che hanno talvolta avviato un linciaggio mediatico nei confronti di persone che, è bene ricordarlo, al momento non hanno ricevuto nemmeno una richiesta di rinvio a giudizio. Considerare tutti innocenti fino a prova contraria è un gesto di civiltà e non solo un fondamento del nostro ordinamento giuridico. E a nostro avviso al diritto/dovere di cronaca sarebbe stato opportuno abbinare il dovere della prudenza. Se sembra ormai inevitabile – ma è giusto? – che l’ordinanza di un giudice circoli con la stessa velocità nelle case dei coinvolti nell’inchiesta e sulle scrivanie delle redazioni, a un'opinione pubblica avvelenata sono stati anche dati in pasto nomi e iniziali dei cognomi di persone che, come prossimo passo dell’indagine, potrebbero leggere una richiesta di archiviazione per non aver commesso il fatto. Ma che nel frattempo hanno sulla pelle, appiccicato dalla pagina di un giornale e dalla curiosità morbosa dei concittadini che non si sono accontentati dell’iniziale di un cognome, lo stigma dei truffatori. È nostro auspicio che, se e quando le accuse per alcuni degli indagati venissero archiviate, i giornali siano altrettanto risoluti nell'aiutare a levare quel marchio».