29 marzo 2024
Aggiornato 01:30
Cultura a Biella

L'ex medico Vitali racconta il mondo magico di Bellano

Lo scrittore ha presentato i suoi libri nella biblioteca civica, intervistato dal direttore de "il Biellese" Silvano Esposito

BIELLA – «Fare il medico di base mi ha aiutato moltissimo, ti obbliga a conoscere le persone a non giudicarle; se avessi giudicato di più, non avrei mai scoperto alcune storie. E ovviamente non sarei riuscito a raccontarle». Ad Andrea Vitali, ospite oramai conosciuto e gradito in quel di Biella, piace raccontarsi così, come un attento osservatore della realtà, un amante di ogni piccola imperfezione umana, un onnivoro cacciatore di storie che appartengono ad un mondo che è riuscito a conservare i tratti di un’epoca finita, una sorta di oramai rara moralità provinciale, un modo diverso di vivere la vita.  Giovedì 9 marzo, nella biblioteca civica, ha raccontato al pubblico biellese i suoi ultimi due libri: Viva più che mai (Garzanti 2016) e A cantare fu il cane (Garzanti 2017). L’ex medico di Bellano, diventato uno degli scrittori italiani più affermati, è stato accompagnato e intervistato da Silvano Esposito, direttore de «Il Biellese».

Viva più che mai
«Amico di Biella e dei biellesi», quando parla Vitali è proprio come stare in famiglia, e subito l’incontro diventa occasione di una chiacchierata informale con l’autore, che racconta delle esperienze che da medico l’hanno portato a diventare scrittore a tempo pieno e della sua Bellano, vera protagonista di tutti i suoi libri. Poi, rotto il ghiaccio con alcuni dei suoi spassosi aneddoti (sempre richiestissimi dal pubblico) riguardanti i suoi compaesani, si parla anche del suo libro Viva più che mai: «Neanche a dirlo, il libro è ambientato a Bellano e l’atmosfera che si respira è quella di un giallo, di un mistero che pagina dopo pagina si risolve. In Viva più che mai c’è davvero un sacco di materiale: tanti personaggi, tante cose da raccontare, tante prospettive. È un libro pieno zeppo di colpi di scena e per questo è stato impegnativo mantenere il filo del discorso senza perdere il ritmo, che è fondamentale per la riuscita di un buon libro. Raccontare bene una storia, in fondo, è la cosa più difficile».

Il suo mestiere
Poi qualche parola su come nasce la sua scrittura: «Solitamente, quando scrivo, le storie mi prendono la mano. Mi viene in mente, a questo riguardo, il personaggio di Maria Teresa Supposta, un personaggio dal nome piuttosto evocativo (il pubblico ride ndr) che introdussi in Viva più che mai solo per due battute e che inizialmente immaginavo brutta, col viso scavato, insomma, che mi ero resa antipatica. Ma andando avanti mi accorgevo che Maria Teresa Supposta diventata sempre di più un pezzo fondamentale della storia. E così in corso d’opera mi è diventa simpatica: le ho tolto i peluzzi dal naso e le cicatrici in faccia. Questo riassume un po’ il mio modo di fare libri. La mia è una scrittura che può prendere direzioni inaspettate da un momento all’altro».

"A cantare fu il cane"
Vitali continua con qualche parola sul suo ultimo libro, A cantare fu il cane (Garzanti 2017): «Avevo davvero voglia di divertirmi, così ho pensato di ritirare fuori la compagnia della caserma dei carabinieri di Quattro sberle benedette: Il maresciallo Maccadò, l’appuntato Misfatti, il brigadiere Mannu e tutti i carabinieri di prima nomina che vanno e vengono. L’idea del libro mi è venuta un paio di anni fa, proprio mentre passavo per via Manzoni, la via principale del paese. Era un’ora felice e c’era un gran silenzio. Poi, a un certo punto, sento abbaiare un cane. E non so perché, in quel momento mi torna in mente una storia che mi era stata raccontata tempo prima, di un bambino di pochi mesi il cui padre era rimasto lontano da casa per un po’ e che si acquietava solo in braccio alla madre. Ma quando il padre era tornato a casa, si era accorto che il bambino stava tranquillo anche in braccio a un amico di famiglia, e per questo aveva cominciato a sospettare che l’amico fosse diventato talmente presente in casa durante la sua assenza che il bambino si fosse abituato a lui. Ho pensato a come si potesse reinventare la storia utilizzando un cane e da qui è partita l’idea per il libro, che poi è diventato una storia più complessa, fatta di intrecci e piccoli incidenti di provincia. È ambientato negli anni Trenta, in una realtà fatta fatta di circhi, autoscontri, piazze e una serie di elementi di un mondo che oggi non esiste più».

Bellano e una letteratura provinciale
Vitali ritorna poi sul suo felice rapporto con Bellano e i suoi abitanti: «Vengo dalla riva orientale del lago di Como, e questo mi ha portato ad essere affetto da una forte «manzonite». I miei personaggi sono sicuramente in un certo senso manzoniani: né buoni né cattivi, ma un po’ tutte e due, proprio come nella realtà. Molti di loro sono persone che ho conosciuto davvero e così sono portatoti dei loro vezzi, dei loro modi di fare; non è raro infatti che qualcuno del paese riconosca il suo vicino di casa nei miei libri, ma è straordinario come nessuno riconosca mai se stesso. Molti di loro, poi, mi vengono a dire che hanno capito che volevo raccontare la storia di quello o di quell’altro, ma si prendono anche la briga di spiegarmi che «non è andata proprio così»». L’autore racconta poi come la geografia di Bellano sia la vera protagonista seriale dei suoi libri, il suo piccolo palcoscenico dove mettere in scena tutte le sue storie, ma anche lo specchio di un’Italia provinciale che ha segnato la grande letteratura italiana, e che oggi sembra essere sempre meno visibile: «Se si accende la televisione oggigiorno sembra che esistano soltanto Roma e Milano. In realtà, la bellezza dell’Italia è il risultato di tutte le sue piccole bellezze provinciali: nel Paese reale c’è voglia di distanze brevi, di provincia, di quei valori reali che si sono perduti a causa della globalizzazione». Poi ritorna a parlare dei suoi libri, che Silvano Esposito definisce come una sorta di «oasi analogica in un mondo digitale», frutto una letteratura che parla ancora di un mondo fatto di piazze, di cose concrete, che prende le distanze dalle realtà virtuali di oggi: «Io ho vissuto la coda di un mondo che finiva. Quando ero piccolo la parte attiva del paese sapeva che per vivere una vita bella e soddisfacente doveva reinventarsela dentro i propri confini, non si poteva ricercare qualcosa «al di fuori» con la facilità e la velocità di oggi. Per educazione dello spirito io sono ancora legato a quel mondo e quando scrivo una storia non riesco a immaginarla nel 2017, ma penso istantaneamente al cotonificio del mio paese, agli umori delle piazze la domenica mattina, ai bambini scapestrati delle case di contrada. Ma il mio non è un atto di nostalgia, anzi trovo giusto che le generazioni di oggi vivano i mezzi che il mondo offre loro».