19 marzo 2024
Aggiornato 12:00
Cultura

Villa Schneider, siete sicuri di sapere tutto della sua storia?

Palazzina in stile liberty nel cuore della città. Teatro di violenze naziste e oggi Museo della Memoria. Ma le curiosità sono tantissime.

BIELLA - Villa Schneider è una palazzina in stile liberty situata a breve distanza dal centro storico in piazza Lamarmora (incrocio via Micca e via Gramsci), che viene custodita come luogo della memoria della tirannide nazi-fascista perpetrata ai danni della popolazione civile durante la seconda guerra mondiale. È stata una delle molte Villa Triste aperte dai nazifascisti, sull'esempio di quella allestita a Firenze, nella seconda parte del conflitto mondiale. La villa, dopo l'armistizio di Cassibile dell'8 settembre 1943 e l'istituzione della Repubblica Sociale Italiana, fu requisita dalle SS e da forze repubblicane per essere adibita a quartier generale del comando di Polizia Militare e luogo di interrogatori e torture cui venivano sottoposti, in particolare, i partigiani catturati e reclusi nelle prigioni del Piazzo. Con la fine del conflitto mondiale la palazzina di stile liberty ha avuto diverse destinazioni d'uso fino a divenire quasi abbandonata e prima essere utilizzato per gli uffici di assessorati comunali e come sede museale permanente e Luogo della memoria.

Proprietari e origini
La villa era appartenuta, prima della requisizione, a Daniele Schneider, un francese di umili origini nato a Mulhouse, in Alsazia, il 27 settembre 1868, che da semplice operaio meccanico arrivato nell'anno 1900 nel Biellese per lavorare alla Filatura di Tollegno scalò ogni gradino di carriera fino a diventare industriale del settore e a ricoprire importanti incarichi nelle associazioni di categoria. L'edificio era stato edificato nel 1898 da Sebastiano Protto e da questi lo Schneider lo acquistò per la sua famiglia il 18 novembre 1919 al costo di 120 mila lire. La casa passò poi in proprietà nella primavera del 1932 ai figli di Schneider e, dal settembre 1948, al solo Paolo Roberto Schneider.

La dimora divenne pubblica
Il Comune di Biella ha acquisito l'edificio - rimasto a lungo disabitato - nel gennaio 1973 pagandolo 60 milioni di lire e destinandolo ad attività culturali o assistenziali. Schneider, che dopo l'8 settembre, quando gli fu requisita la villa, trovò riparo in Francia, morirà il 12 settembre 1957, non prima di essere stato nominato socio onorario dell'allora prestigiosa Associazione Laniera Italiana. È sepolto nel cimitero che sorge accanto al santuario di Oropa.

Il nazismo e la radio
Trasformata in presidio di sorveglianza della città, mentre le truppe tedesche dal centro-Italia iniziavano la ritirata verso il nord, Villa Schneider fu abitata, dopo la requisizione, dal tenente Schun, comandante SS, da un ufficiale tedesco, da due sottufficiali anch'essi di nazionalità germanica e da sette militari italiani fedeli alla RSI. Il presidio dipendeva direttamente dal comando SS di Torino e in tal modo veniva esautorato il potere del comando dell'esercito tedesco di stanza a Biella. Al piano superiore di Villa Schneider era ospitata una stazione radio chiamata Radio Baita e allestita da due italiani, fra cui un religioso, che svolgeva azione di propaganda nazifascista sotto forma di contro-informazione ai messaggi dell'emittente partigiana Radio Libertà, che consentiva ai volontari organizzati in formazioni attive sulle prealpi biellesi, di comunicare con le famiglie. Ai microfoni venivano fatti parlare anche partigiani costretti a leggere comunicati predisposti dalle SS in cui si dichiaravano soddisfatti del trattamento loro riservato e invitavano i compagni a costituirsi.

Un'altra sala della mostra permanente
Le vicende del presidio di Villa Schneider - utilizzato per venti mesi come nucleo scelto con compiti di polizia politica e lotta contro il movimento partigiano - sono state ricostruite, sia pure solo parzialmente, dalle testimonianze dei superstiti e dalle sentenze emesse dopo la fine del conflitto mondiale, ed in particolare da quella della Sezione Speciale della Corte d'Assise di Vercelli datata 10 ottobre 1946 e da quella della Corte d'Assise di Torino del 6 dicembre 1949. Da tali sentenze emergono in particolare le responsabilità di esponenti italiani delle SS accusati, a diversi livelli di responsabilità, di aver "sottoposto a maltrattamenti" gli arrestati e di aver loro provocato delle lesioni. A parlare per primi dei fatti di Villa Schneider furono comunque, fin dalle settimane successive alla caduta della Repubblica Sociale Italiana, due giornali locali, Baita e Il Biellese. Nel giugno del 1945 quest'ultimo giornale dava conto, accanto ai resoconti sul processo per la strage di ventuno partigiani uccisi dopo un rastrellamento sulla Serra Morenica di Ivrea, fra Torrazzo e Sala Biellese, in piazza Quintino Sella (ora Piazza Martiri della Libertà), dei processi che sarebbero iniziati di lì a poco da parte della Corte Straordinaria d'Assise contro aderenti alla RSI implicati nelle vicende della villa biellese. I processi, tenutisi subito dopo, portarono ad alcune condanne a morte di esponenti della Repubblica Sociale Italiana.

Luogo della memoria
Nei primi anni duemila nei fondi della palazzina è stata allestita la mostra permanente «Spazio alla memoria», organizzata dall'Assessorato alla Cultura della Città di Biella. La mostra è la risultanza di una ricerca storica svolta nell'anno scolastico 2001-2002 dagli studenti della Consulta provinciale studentesca coordinati da Bruno Pozzato e Marcello Vaudano in collaborazione con l'Istituto per la storia della Resistenza e della Società contemporanea nelle province di Biella, Vercelli e Torino. All'allestimento della mostra ha collaborato Gigi Piana.