29 marzo 2024
Aggiornato 10:00
Gusto e territorio

Menabrea 170 anni di storia in un museo

Siamo entrati nelle sale che ospitano macchinari, documenti e racconti della birreria più antica d'Italia. Ecco le immagini del piccolo tour

BIELLA – Entrare nel museo Menabrea è un po' come entrare a casa, in una casa con 170 anni di storia che appartiene a quella che oggi è la birreria più antica d'Italia. Lo si vede a colpo d'occhio, grazie alle medaglie e ai riconoscimenti che arredano le pareti. La struttura del museo è molto semplice ed accogliente: lungo il percorso siamo andati alla scoperta delle materie prime, delle attrezzature per la produzione e di aneddoti particolari sull'azienda biellese.

La produzione
Dalla pianta di luppolo tutto ha inizio. Di questa pianta rampicante, coltivata in alti filari di circa 5 metri, si utilizza l'estratto del fiore che oggi viene trasformato in pellet, molto più pratico da stockare e conservare. Si prosegue il viaggio produttivo con le diverse tipologie di malto. In Italia oggi il mais è il succedaneo più utilizzato anche se per molto tempo è stato il riso ad avere l'impiego più diffuso. Scendiamo qualche gradino e ci troviamo accanto alla vecchia sala cottura, la seconda ad essere utilizzata in Menabrea ed arrivata in azienda nel 1934 dopo l'acquisto da una birreria di Padova e rimasta in funzione fino al 1986. Intorno a noi le belle immagini degli uomini al lavoro nelle cantine di fermentazione a vasche aperte anche queste attive in azienda fino alla fine degli anni '80 e poi ancora le cantine di conservazione con le botti per la maturazione della birra. Ci avviciniamo poi agli strumenti di lavorazione: da quello per la propagazione del lievito nel mosto fino al più complesso, ancora di proprietà dello stato, utilizzato per la determinazione del grado saccarometrico della birra ma soprattutto per determinare la tassazione delle fabbriche di birra generando il valore delle accise. Lo strumento è arrivato in Italia come risarcimento di guerra dallo stato austriaco ed è rimasto in funzione fino all'introduzione del nuovo sistema fiscale nel 1992.

Tappi, bottiglie e passione
Dopo la produzione arriva il confezionamento, ed ecco fare capolino una vecchia riempitrice ed una vasta collezione di bottiglie, dalle più antiche in ceramica fino ad arrivare al vetro stampato con l'effige Menabrea. Oltre alle bottiglie anche i tappi evolvono: dal sughero con gabbia in fil di ferro per mantenere il tappo in sede durante alla pastorizzazione passiamo ai variopinti tappi a corona. Ma le curiosità non sono finite, Menabrea infatti, fino agli anni '70, era produttrice anche di acqua e gazose e proprio quest'ultime erano inserite nelle nostalgiche bottiglie con la chiusura a biglia. Un passo avanti verso una mappa che però riesce a farci tornare indietro di qualche decennio. Qui vediamo raffigurato lo stabilimento Menabrea degli anni '20 periodo in cui lo sviluppo della fabbrica ruota tutto intorno alla ghiaccia, una struttura circolare cuore di tutte le attività dell'azienda e tutt'ora presente. Da notare anche la centrale di trasformazione elettrica, una delle prime in funzione della città che utilizzava l'acqua della roggia sottostante la fabbrica per alimentare la turbina. Già all'epoca Menabrea aveva il suo ristorante, un locale molto rinomato in cui venivano anche organizzati spettacoli di cabaret. Si torna al lavoro, quello duro, con le attrezzature dei bottai. Le botti in legno necessitavano di un grande lavoro di manutenzione annuale che prevedeva tantissimi strumenti per la pulitura e per la successiva impeciatura a 100 gradi.

Storia e... acqua
L'ultima area del museo è dedicata all'archivio storico, dove scopriamo carte intestate finemente decorate insieme agli stampi e ai timbri per realizzarle, libri inventari dove si nota la valorizzazione dei cavalli inseriti a bilancio: l'ultimo cavallo aziendale va in pensione nel 1945 mentre il primo automezzo arriva in Menabrea nel 1918. Continuiamo il nostro tour e di fianco alla vecchia scrivania scorgiamo grafici di produzione e documenti scritti in tedesco e in francese che ricordano l'origine Walser della famiglia Thedy proveniente dalla valle di Gressoney. Perchè questa famiglia ha scelto Biella? Per quello che da sempre la contraddistingue, l'acqua che, in tempi antichi, era l'elemento caratterizzante e tutt'ora fondamentale per la produzione di un'ottima birra.