16 aprile 2024
Aggiornato 22:30
Sociale

Emergenza profughi: da Biella in Grecia al confine con la Macedonia

Una settimana da volontari nei campi sorti spontaneamente in tutta la penisola Ellenica. Questo il viaggio compiuto Jahela Milani ed Enrico Rey, operatori accoglienza migranti per «Il filo da tessere», accompagnati da Daniele Albanese di Caritas Biella. Ecco cosa hanno visto, e cosa vogliono fare.

BIELLA – Da Biella in Grecia per un «bagno di realtà»: una settimana da volontari nei campi profughi sorti spontaneamente in tutta la penisola Ellenica. Questo il viaggio compiuto Jahela Milani ed Enrico Rey, operatori accoglienza migranti per «Il filo da tessere», accompagnati da Daniele Albanese di Caritas Biella. Questa esperienza, promossa dalla Caritas nazionale, «è stata forte. I campi sono stracolmi, soprattutto di donne e bambini, ultimi fra gli ultimi. Per questo abbiamo deciso di volerci impegnare in quel Paese con due progetti che vorremmo far partire nel più breve tempo possibile», racconta al Diario di Biella Enrico.

Dove siete stati?
«Per i primi due giorni siamo stati ad Atene - continua Enrico – dove abbiamo incontrato i nostri colleghi greci, con i quali ci siamo confrontati, raccontando come funziona il sistema accoglienza in Italia e cercando di capire come si lavora nella penisola Ellenica. Sono state giornate intense, dove oltre a scambiarci buone pratiche, come si dice in gergo, abbiamo visitato due campi sorti spontaneamente in città, uno nel porto del Pireo».

Delle bidonville?
«No, si tratta di assembramenti di tende. Nessuno è lì per restare, vogliono tutti partire. I servizi essenziali sono forniti dalle Organizzazioni non governative (Ong)». 

Lo Stato greco non fa nulla? Qual è la differenza principale con l'Italia?
«La Grecia è principalmente un Paese di transito. I campi spontanei sono tollerati, ma non vengono fatte azioni perché le persone rimangano. Tutti gli sforzi ricadono quindi sulle Ong. In Italia invece abbiamo un approccio diverso, cerchiamo di creare le opportunità per l'inserimento sociale dei richiedenti asilo che hanno diritto di essere accolti».

Oltre ad Atene dove siete stati?
«La seconda tappa è stata Idomeni, un piccolissimo villaggio al confine con la Macedonia, che in questi giorni è su tutti i giornali d'Europa dopo gli scontri fra migranti e polizia macedone. Si tratta di un paesino di 50 anime nel mezzo della campagna».

Perché tanti profughi sono proprio lì?
«Idomeni era la porta greca della cosiddetta Via Balcanica, una via che portava verso i Paesi più ricchi del Vecchio Continente da terra. Questa porta, che è stata aperta per lungo tempo, ora si è chiusa ma in tanti hanno la speranza che riapra a breve. Quindi anche qui si sono creati diversi campi profughi spontanei».

Quante persone ci sono a Idomeni?
«E' difficile fare delle stime. Nel campo principale, che è sorto nella stazione ferroviaria del paese, bloccando il traffico merci verso la Macedonia, ci sono circa 12mila migranti, ma ne sono nati diversi altri. Addirittura negli autogrill».

In tele abbiamo visto immagini forti, gas lacrimogeni e proiettili di gomma sparati contro i profughi, voi cosa avete visto?
«Non abbiamo assistito a nessun vero e proprio tentativo di sfondamento in Macedonia. Certo quotidianamente le persone protestano e dimostrano, chiedendo che l'Europa apra i propri confini. Devo dire però che non si percepiva troppa tensione, forse più scoraggiamento, insomma la situazione era tranquilla».

Tornerete in Grecia?
«Papa Francesco da Lesbo si è rivolto ai migranti dicendogli 'Non siete soli'. Noi come Caritas abbiamo deciso di trasformare l'appello del Santo padre in azioni concrete lanciando il progetto 'Non lasciamoli soli'. Quindi sì, vogliamo tornare in Grecia e fare la nostra parte».

Per fare cosa?
«Il progetto in realtà è duplice. Ad Atene abbiamo visto tanti operatori all'opera e crediamo di poter essere utili a formare i meno esperti. Vogliamo quindi affiancare i neofiti mentre stanno lavorando, e aiutarli a fare il loro lavoro d'accoglienza al meglio. Poi abbiamo pensato di allestire una unità mobile, un camper o un camioncino, che possa fornire informazioni e orientamento nei campi del nord della Grecia. Nei campi infatti abbiamo visto che la cosa che manca di più sono proprio le informazioni».

Quali informazioni volete dare e in che modo pensate di comunicare con persone da lingue e culture così diverse fra loro?
«Per superare la barriera linguistica parleremo per immagini: grazie a un proiettore trasmetteremo foto e video, così che il messaggio arrivi chiaro a tutti. I contenuti invece saranno di due tipi: uno rivolto agli adulti, dove cercheremo di dare notizie sulla situazione poltico-economica dei Paesi di transito e di destinazione e tutte le informazioni utili per chi vuole richiedere asilo in Europa. Altri contenuti invece sono stati pensati per i più piccoli, si tratta di cartoni o fotografie, un mix fra intrattenimento e formazione per fare arrivare in tutte le tende alcuni semplici messaggi, come le principali norme igenico-sanitarie».

Chi vuole raccogliere l'appello del Papa, magari dandovi una mano come può fare?
«Può inviare il suo contributo alla Diocesi di Biella, Caritas diocesana, iban IT50A0609022300000024263629, specificando nella cusale 'Non lasciamoli soli'».