19 aprile 2024
Aggiornato 20:30
Operazione della polizia di Stato

Anche un biellese fra i rapinatori della Biverbanca di Caresanablot

Si tratta di Franco Coppola, classe 1970  nato a Potenza, residente a Masserano, considerato dagli investigatori come una staffetta e un intermediario. Il colpo da 150mila euro lo scorso 21 giugno. Il direttore dell'istituto era il basista

VERCELLI - La polizia di Stato ha arrestato 5 persone con l'accusa di rapina. La banda è ritenuta responsabile dell'assalto all’istituto bancario Biverbanca di Caresanablot (Vc) dello scorso 21 giugno. Fra i cinque c'è anche un biellese, Franco Coppola, classe 1970  nato a Potenza, residente a Masserano, considerato dagli investigatori come una staffetta e un intermediario. L'uomo, sposato con una donna marocchina ha un'impresa di pulizie, la Coppola Franco parquet attiva dagli anni '90.

Gli arrestati
A conclusione dell'operazione «Au revoir» gli agenti hanno stretto le manette intorno ai polsi del direttore della banca, Roberto Martinotti, classe '59, nato a Casale Monferrato, residente a Caresanablot, ritenuto il basista del colpo. Custodia cautelare anche per Piero Zocco, classe '68, nato a Pachino (Sr), residente a Vercelli, con il ruolo di staffetta ed intermediario; Salvatore Bettini, classe '81, nato a Messina, residente a Vercelli, con il ruolo di staffetta, organizzatore del colpo ed intermediario con il basista Silvio Iadanza, classe 89, nato a Benevento, residente a Montesarchio (Bn), esecutore materiale della rapina.

La dinamica della rapina
Quel pomeriggio, un individuo con il volto travisato da un casco integrale da motociclista di colore nero con strisce rosse, armato di «taser», faceva ingresso all’interno dell’istituto di credito approfittando degli istanti in cui i due dipendenti - un uomo (che si scoprirà poi essere un complice) e una donna - terminato l’orario di lavoro, si accingevano ad uscire dalla struttura. Il malvivente, all’apertura della porta girevole, spingeva con violenza i due soggetti all’interno dell’edificio e sotto la minaccia del taser li obbligava a disinserire l’allarme e, successivamente, ad aprire la cassaforte dalla quale prelevava 150mila euro in contante. Si allontanava salutando in francese: «Au revoir!» – da qui il nome dell’operazione.

Le indagini
La Squadra Mobile di Vercelli, intervenuta sul posto, si metteva sin da subito alla ricerca di elementi utili per la prosecuzione dell’indagine: si procedeva così all’acquisizione di tutti le immagini dei sistemi di videosorveglianza della zona, in particolare quelli del comune di Caresanablot. Grazie all’attenta visione delle immagini si riusciva ad individuare il mezzo da cui era sceso e poi risalito il rapinatore: un furgone, un Opel Vivaro di colore scuro, affiancato da una Citroen C3 di colore bianco che fungeva da «staffetta e sentinella». Tuttavia le immagini non premettevano di scorgere né i volti dei malviventi né tutti i numeri di targa. Solo una serie di certosini ed accurati accertamenti incrociati, effettuati con le concessionarie e le banche dati in possesso delle forze dell’ordine, permettevano di risalire ai due proprietari ed utilizzatori dei mezzi utilizzati per la rapina. Da qui iniziava un’attività tecnica d’intercettazione telefonica ed ambientale, che permetteva di identificare la banda composta da cinque soggetti che, ciascuno con responsabilità diverse, aveva preso parte a tale attività criminosa.

Pronti a colpire di nuovo
L'intervento della polizia è stato provvidenziale infatti la banda stava progettando diversi nuovi colpi. Gli inquirenti hanno scoperto che i cinque volevano derubare un facoltoso cliente della banca, segnalato dal direttore infedele. Inoltre Iadanza, prima di fare rientro in Campania, aveva tentato un'altra rapina presso la stessa banca dove aveva già operato, sempre utilizzando come arma il taser, in modo da non tornare a mani vuote a casa. Quel giorno, però, il 27 luglio, ad attenderlo c’erano gli uomini della Squadra Mobile di Vercelli che seguivano le mosse dei delinquenti oramai da tempo. Dopo essere stato tratto in arresto, Iadanzadecideva di rendere dichiarazioni che confermavano il quadro indiziario sopra descritto; inoltre, grazie alle sue confessioni si riusciva a rinvenire e sequestrare, all’interno di uno scooter lasciato in custodia dal direttore pro tempore ad una ditta della provincia, la somma di 17mila euro, denaro provento della rapina.

La confessione di Iadanza
Lo stesso forniva poi ulteriori indicazioni che consentivano di rinvenire, nei pressi di un giardino pubblico, celata tra i rovi, una pistola a tamburo a salve, calibro 380 – 9 mm. K, marca Olimpic 38, modificata ed in grado di sparare quasi come una normale pistola. Vista la fattiva collaborazione del malvivente, una volta convalidato l’arresto, veniva disposta nei sui confronti la misura cautelare degli arresti domiciliari nel suo paese, a Montesarchio.

Gli arresti
Qualche giorno dopo si procedeva al fermo di Coppola; il 9 agosto la Procura di Vercelli disponeva nei suoi confronti un fermo di indiziato di delitto, a causa dell’imminente pericolo di fuga: dalle intercettazioni si era appreso che era in procinto di dileguarsi e partire per il Marocco, paese di origine della moglie. Catturato nella sua abitazione, il fermo veniva poi convalidato e disposta la misura cautelare in carcere. Anche lui ammetteva in pieno le proprie responsabilità. Per i restanti tre rapinatori della banda si è proceduto in data 20 agosto dando esecuzione alle misure cautelari di custodia in carcere, emesse in data 16.08.2016 dal G.I.P. presso il Tribunale di Vercelli, Dott.ssa Giulia Pravon, nel frattempo richieste dal P.M. titolare delle indagini, Dott. Davide Pretti. Mentre Martinotti Roberto e Bettini Salvatore sono stati catturati nelle loro abitazioni di Vercelli, Zocco Pietro è stato arrestato dagli uomini della Squadra Mobile vercellese in un albergo di Rimini dove era in vacanza con la famiglia e poi successivamente condotto presso gli uffici della Questura di Vercelli. Le perquisizioni eseguite hanno permesso, per ora, di recuperare la somma di 25mila euro, provento della rapina. In più sono state sequestrate, le schede telefoniche utilizzate per le telefonate inerenti l’attività criminosa e carte prepagate dove si ritiene che i malviventi abbiano depositato parte del loro provento.