24 aprile 2024
Aggiornato 05:30
Economia

Stato di agitazione per i lavoratori del Tessile

Prosegue la «guerra dei 110 euro» di adeguamento. Trattativa in stallo tra SMI e sindacati per il rinnovo del contratto. Se ne riparla alla plenaria del 20 ottobre

BIELLA - È a un punto di stallo il rinnovo del contratto dei tessili. L’incontro tra SMI – Sistema Moda Italia – e segreterie nazionali di Filctem Cgil, Femca Cisl, e Uiltec Uil del 4 ottobre si è arenato sulla questione aumenti e i sindacati hanno dato il «la» allo stato si agitazione, che si protrarrà fino alla prossima seduta plenaria in calendario per il 20 ottobre. Vale a dire blocco degli straordinari e delle flessibilità. Il rinnovo del contratto nazionale riguarda più di 500 mila lavoratori impiegati nel settore-tessile-abbigliamento-moda, di cui quasi 12 mila solo nel comparto biellese.

Contratto nazionale e motivi del contendere
A frenare le trattative la questione adeguamenti salariali, già da sei mesi se ne discute: i sindacati a piattaforma unitaria hanno richiesto un incremento medio di 110 euro in tre anni sui minimi tabellari, prendendo come parametro base il III livello Super, insieme ad un passaggio da 200 a 300 euro l’anno per gli elementi di perequazione. Motivo del contendere è soprattutto il metodo di valutazione. SMI spinge per una valutazione ex post, vale a dire fatta sulla base del tasso annuo di inflazione effettivo, soluzione cassata da Filctem Cgil, Femca Cisl, e Uiltec Uil che definiscono questa soluzione contrattuale «impercorribile» e richiedono invece di optare per le previsioni ex ante degli incrementi minimi «nella consapevolezza che la categoria ha già rinnovato il contratto nazionale per oltre 400.000 lavoratori del Manifatturiero associati a Confindustria, alcuni dei quali appartenenti al comparto Moda con una previsione ex ante degli incrementi sui minimi salariali». Ma in soldoni, o meglio in soldini, che cosa significa? Significa che i contratti nazionali vengono di prassi adeguati in base all’incidenza dell’inflazione, un adeguamento ex ante viene effettuato subito, prendendo come parametro le previsioni annuali, mentre nel caso di ex pro si adegua il salario solo a conti fatti e su dati certi, quindi l’eventuale aumento non arriva subito nelle tasche dei lavoratori ma viene liquidato solo l’anno successivo.

Le posizioni di SMI e sindacati
«Dobbiamo tener conto che l’Italia è in deflazione, ma un adeguamento ai salari ci deve comunque essere, un calcolo ex pro non ci permette di avere una base minima su cui contare, e prevede un lungo slittamento temporale – spiega Gloria Missaggia segretaria Filctem Cgil Biella – abbiamo chiesto in totale 110 euro su tre anni, speriamo con l’incontro del 20 prossimo di arrivare ad un accordo, com’è sempre successo in passato. L’impressione però è che le aziende spingano sempre più sul legame salario-produttività, che ci può anche essere, ma riteniamo opportuno vagliare solo nelle contrattazione aziendali secondarie. Prima ci deve essere una base equa e sicura per tutti i lavoratori del settore su cui ragionare». Dal canto suo SMI mette in campo proprio la questione produttività, e ricorda come la realtà tessile sia troppo variegata e disomogenea, con aree ancora in sofferenza, per consentire di fissare in sede di contrattazione nazionale un parametro unico. Insomma anche qui si spinge verso il contratto aziendale, ma si suppone per ragioni diverse. Altra nota di Sistema Moda Italia va sugli aumenti applicati nel 2015: circa 65 euro medi, non corrispondenti all’effettiva incidenza dell’inflazione.