20 aprile 2024
Aggiornato 01:30
Cronaca

Quando la mafia albanese cercò di approdare nel Biellese

Il processo partito da una complessa indagine portata avanti in tutta Italia dai carabinieri di Cossato. Prossima udienza il 9 marzo

BIELLA - È entrato nel vivo il processo che vede imputate una ventina di persone, per la maggior parte albanesi, accusate di aver cercato di mettere in piedi a Cossato una succursale della criminalità organizzata.

La storia
A scoprirlo erano stati i carabinieri, che avevano individuato in due abitazioni, in via Cesare Battisti e in via Trento, le due basi per lo spaccio di droga. Ma non basta. I componenti della banda acquistavano in Albania giovani ragazze da far prostituire sul territorio. I soldi ricavati venivano investititi nell'acquisto di stupefacenti. E infatti, come emeso nei giorni scorsi in aula, nel corso dell'interrogatorio di uno dei militari dell'Arma che si occuparono delle indagini, l'operazione, a livello nazionale e partita da Biella, portò al sequestro di quasi cento chili di droga, tra cocaina ed eroina.

Il processo
Ma quello che sta uscendo dal processo spalanca un quadro drammatico. Tutto era partito nel 2001 da una segnalazione. Pochi controlli ed era emerso che le abitazioni di Cossato erano frequentate da tossicodipendenti. A quel punto erano partite le intercettazioni telefoniche, ben 27 mila, di cui 3 mila in via di traduzione giudiziaria. Una storia complessa, fatta di percosse e aborti nei confronti delle donne che venivano costrette a prostituirsi, oltre che nella vendita di stupefacenti. Una storia che sta man mano emergendo, grazie al lavoro fatto dai carabinieri, riusciti a ricostruire tutti i passaggi che portavano armi, droga e ragazze dall'Albania fino al Nord Italia. Si torna in aula il 9 marzo per sentire i prossimi testi.