A tavola nel Rinascimento, ingredienti vari ma zucchero in primo piano
Appuntamento con il gusto e la storia del Rinascimento italiano. Ecco quanto era importante la polvere dolcificante nell'antichità e cosa simboleggiava per chi lo gustava
BIELLA - Nella gastronomia rinascimentale, il più significativo degli status symbol della tavola era lo zucchero (anche chiamato «polvere di Cipro») che poteva rivestire e abbellire ogni sorta di cibo, in particolare i dolci, che venivano presentati in tavola sotto forma di incredibili opere di oreficeria. E, nella scelta dello zucchero, Castore Durante, medico botanico e poeta nato a Gualdo Tadino nel 1529, consigliava che il migliore doveva essere «bianchissimo, grave, sodo e durissimo da spezzare».
Durante tutto il banchetto dominava il sapore agrodolce e speziato, ottenuto attraverso condimenti come l’agresto, condimento acidulo ottenuto dalla cottura del mosto di uva acerba e dall'aggiunta di aceto e di spezie... Erano serviti tutti i tipi di selvaggina da piuma o da pelo, soprattutto trampolieri e gallinacei: molto ricercato era il cormorano fin dall'inizio del XVI secolo, poi, fra il 1555 e il 1650, il cigno, la cicogna, l'airone, la gru e il pavone. Il fiume o la peschiere fornivano il pesce fresco: pregiatissimi lo storione e l'alosa. L’America era stata scoperta, ma patate e pomodori non avevano ancora invaso l’Europa e la tradizione culinaria rinascimentale del XV secolo prosegue per tutto il XVI, almeno in Italia.
Gli ingredienti dei banchetti principeschi cui assisteva Leonardo, e dei quali curava gli allestimenti e gli intrattenimenti di contorno per conto del Moro (vedi le nozze del nipote Gian Galeazzo con Isabella d’Aragona, nel 1490), sono quelli che ancora oggi troviamo sulle nostre tavole: carni di vitello, maiale, manzo, cacciagione, riso, ortaggi, spezie. E le lombardissime rane. Ma soprattutto quello zafferano che ispirò i cuochi del Moro a «inventargli» il risotto d’oro, che con la costoletta dorata nella sua panatura doveva essere il segno evidente della potenza e della ricchezza del Ducato di Milano.
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Comitato Sebastiano Ferrero di Biella
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